I protagonisti della resistenza "artistica e culturale" di Valladolid, Messico
- Giacomo Porra
- 31 lug 2022
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 1 ago 2022
Seguo con lo sguardo i veloci movimenti del pennello di Horacio, che dipinge una parete interna della mezcaleria "Poncho Villa". I tratti sono ben definiti, i colori accesi: il disegno racconta la produzione del mezcal , distillato ottenuto dalla pianta dell'agave - tra i vari mezcal, la più nota è la tequila -. Il tutto condito da una miriade di riferimenti alla cultura messicana: la morte, tematica importantissima, è presente in ogni angolo del murale, con i suoi "calaveras", gli scheletri che lavorano nei campi e nella raffinazione della pianta, che suonano vestiti da mariachi, che ballano, che bevono mezcal. Si scorge Kukulkan, il serpente piumato venerato dai Maya. A destra i diversi tipi di agave. Al centro, accanto al personaggio principale - uno scheletro che ricorda Pancho Villa, eroe della rivoluzione messicana del 1910, coordinato con il nome ironico del locale (1) -, il diavolo, personaggio ricorrente nei racconti popolari messicani, che si presta a scherzi, giochi, che non si prende sul serio. Qui raffigurato da una ragazza vestita di rosso «ribelle, birbante, cabrona».

L'arte è sempre stata molto importante per Valladolid: cittadina nel centro della penisola dello Yucatan, nel Messico meridionale. Quando ho conosciuto Horacio stavamo passeggiando per il centro, dallo stile molto coloniale, con edifici bassi e colorati. In quei giorni notavo che tutte le insegne, i loghi e le scritte nei negozi non erano stampate, ma disegnate e dipinte a mano, con tutte le imperfezioni che le rendevano interessanti: il logo della birra Corona leggermente storto, quello Windows con i colori leggermente diversi dall'originale. Gli orari di apertura del negozio, chi suona quella settimana in un locale. Quasi nulla è stampato, quasi tutto viene fatto a mano. «Questa tradizione di dipingere a scopo pubblicitario e informativo nei muri c'è da sempre, e coloro che dipingono si chiamano rotuladores. Un tempo era il metodo più economico per attirare l'attenzione, ed era prerogativa dei negozi più poveri. Da qualche anno le persone hanno iniziato ad apprezzarlo, quindi la tradizione si è conservata». Horacio era un rotuladore, e ha fatto del suo talento artistico la sua carriera.

«El mejor pintor de Valla» lo definisce il suo amico Juan Manuel, che mi ha ospitato durante la mia permanenza nella città. Entriamo in un caffè del centro: lì conosco la loro compagnia di amici. Osservo i mobili del locale, di legno scuro, fatti su misura e di ottima fattura. Questi li ha fatti Juan Manuel. Le scritte decorate del menù nella parete? Opera di Horacio, il pittore. Le fotografie esposte? Roberto, il fotografo seduto di fronte a me. La pagina web e la presenza social del locale? Lavoro di Hector, che è in piedi di fianco a me e mi spiega tutto questo.
Tutti intorno ai 30 anni, tutti che vivono di questi lavori, e tutti con lo stesso obiettivo: sviluppare in una buona direzione Valladolid, mantenendola legata alle sua cultura, ai suoi linguaggi e alle sue simbologie. Lontana dallo sviluppo spinto - e di matrice molto statunitense - di luoghi come Cancun e Playa del Carmen (soprannominata da alcuni Playa del Crimen per l'alta presenza di narcotrafficanti), dove in ogni angolo si vede un Walmart, uno Starbucks e un KFC. Una "resistenza artistica", fatta di persone appassionate, motivate e (come spesso accade qui in Messico) con una enorme conoscenza di tradizioni, storia e cultura locale.
(1) Il nome del negozio di liquori è ironico perché si dice che Pancho Villa odiasse l'alcol, non beveva e fucilasse chiunque si presentasse ubriaco in servizio
Horacio lo potete trovare su instagram come @horaziosanchez
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